Deciso, il Ministro degli Interni non scioglie il Comune di Eraclea

Il ministero dell’Interno non ha ritenuto di sciogliere per mafia il comune di Eraclea. E questo nonostante la richiesta fatta dal Prefetto Vittorio Zappalorto che ha fatto sue le conclusioni della Commissione d’Accesso che per sei mesi ha passato al setaccio ogni documento, ogni appalto e ogni singolo atto dell’amministrazione comunale. Questo dopo l’inchiesta che aveva portato in carcere il sindaco Mirco Mestre per voto di scambio. L’inchiesta della DDA di Venezia ha messo in evidenza i collegamenti di parte dell’amministrazione di Eraclea con il clan camorristico di Luciano Donadio.

Il Ministro degli Interni Luciana Lamorgese ha ritenuto che gli elementi complessivamente emersi non presentano la necessaria congruenza perché si possa decretare lo scioglimento per condizionamento mafioso del comune di Eraclea. Dalla lettura del decreto non possiamo desumere che non vi sia stato un rapporto, anche di collaborazione, tra i politici Mirco Mestre e Graziano Teso e il gruppo criminale capeggiato da Luciano Donadio. E che il rapporto via sia stato, in particolare con Graziano Teso, è francamente incontestabile, così come l’attivismo politico dei sodali di Donadio in occasione delle elezioni.

Secondo il Ministero da questi rapporti non sono derivate “forme di condizionamento degli organi elettivi e amministrativi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali”. Una lettura ragionevole – necessariamente da approfondire, ma supportata dall’analisi del materiale giudiziario – potrebbe portare a sostenere che Donadio e sodali in realtà non avessero in mano il bastone del comando che rimaneva saldamente in mano a Graziano Teso e ad una complessa rete di professionisti, imprenditori e faccendieri. Di questa rete Donadio faceva certamente parte – arduo sostenere il contrario -, ma non ne determinava le decisioni.

Scritto da Gianni Belloni per il quotidiano “La Nuova Venezia”