Processo ai Casalesi, decorsi i termini di custodia cautelare: tutti scarcerati, Luciano Donadio torna ad Eraclea. A tre anni dal rinvio a giudizio, il 5 febbraio 2020, i difensori hanno depositato un’istanza con la quale hanno chiesto il cambio di misura cautelare, dalla detenzione in carcere all’obbligo di dimora nel comune di residenza. Il presidente del Tribunale Stefano Manduzio ha accolto l’istanza di scarcerazione presentata dai difensori di Luciano Donadio e del figlio Adriano, Renato Alberini e Giovanni Gentilini, estendendola a tutti gli imputati del processo. Luciano Donadio, dunque, torna a Eraclea. Come riporta l’ordinanza, nonostante tecnicamente i termini non siano ancora scaduti, per la fase dibattimentale in cui siamo arrivati (la sentenza di primo grado dovrebbe arrivare in estate), non ci sarebbe più la necessità della custodia cautelare in carcere. Nonostante permanga la necessità di un controllo con l’obbligo di dimora nel comune di residenza.
Luciano Donadio è tornato in libertà dopo tre anni di carcere preventivo. L’uomo è imputato per associazione a delinquere di stampo mafioso al processo sulle infiltrazioni della camorra nel Veneto Orientale. Processo che dovrebbe concludersi con la sentenza di primo grando entro l’estate. Secondo l’accusa, Donadio avrebbe agito per vent’anni tra Eraclea e Veneto orientale, mantenendo contatti con le famiglie dei Casalesi. Lo scorso settembre, quando Donadio prese la parola in aula bunker disse: «Sono sempre stato di indole onesta: le accuse che mi vengono contestate sporcano la mia dignità. Non mi ci riconosco. Non ho mai fatto del male a nessuno, non ho mai sparato a nessuno, sono leggende metropolitane». Nella sua dichiarazione spontaea, contestò punto per punto le parole della sua ex segretaria Claudia Zennaro. Che in aula bunker, alle domande dei pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini, lo descriveva così: «Persona ferma e decisa, urlava ma non alzava le mani: bastava che parlasse per farti abbassare lo sguardo. Come chiedeva le cose lui era difficile dirgli di no. Mi chiese di tenere a casa dei documenti perché aveva paura di indagini e perquisizioni».
Tratto dal quotidiano Il Gazzettino