Legambiente lancia l’allarme Piave: «Il fiume sta morendo». Chi frequenta il fiume sacro alla Patria se n’è subito accorto. Tra San Donà ed Eraclea il Piave ha assunto a tratti una strana colorazione marrone, dovuta probabilmente a un fenomeno di mucillagine. Si tratta di una chiazza che sale e scende lungo il corso del fiume, in base alla marea. Perché l’acqua che arriva da monte è ormai ridottissima ed è il mare a incunearsi nel Piave. A lanciare l’allarme è Legambiente. «Il fiume sta morendo, nessuno può affacciarsi sulle sue acque perché non ci sono», attacca Maurizio Billotto, vicepresidente di Legambiente Veneto, «nel Bellunese le micro centrali iniziano a dissanguarlo, nel medio Piave cavazioni e grandi prelievi irrigui indiscriminati, nel Basso Piave troviamo una laguna alimentata dal mare. Il fiume sacro è diventato il più sfruttato d’Italia. Lo specchio di ciò che affermiamo possiamo vederlo all’altezza di San Donà, dove il fiume assume una colorazione marrone. Sono giorni che la chiazza cala e cresce lungo il corso del fiume seguendo la marea. Al calare si sposta verso Eraclea, per ripresentarsi a San Donà al crescere. Segnale che il fiume è morto. Non ha nemmeno un filo di corrente che porti l’acqua verso il mare. È esattamente il contrario: solo il mare alimenta il Piave. Dal monte non arriva l’acqua, intercettata dalle molteplici concessioni di prelievo». Legambiente ha raccolto le testimonianze dei pescatori che, all’arrivo della macchia, ritirano le canne e aspettano che passi, perché il pesce fugge. «Servono analisi e controlli sullo stato dell’acqua che nessuno fa. Arpav, ridotta alla minima sopravvivenza dai provvedimenti della Regione, esce solo se ci sono disastri. La polizia metropolitana può solo testimoniare lo stato di fatto», conclude Billotto, «Legambiente e le associazioni hanno lanciato un allarme forte nel convegno svoltosi a Cimadolmo. Abbiamo preparato un manifesto per la tutela del Piave e una petizione online. Ai sindaci dei Comuni che si affacciano sul fiume chiediamo un intervento forte perché venga restituito almeno il deflusso minimo vitale. Chiediamo un monitoraggio sulla qualità dell’acqua affinché sia garantita la conservazione degli ambienti fluviali già gravemente compromessi. Poi serve la pianificazione con investimenti, soprattutto in agricoltura, per ridurre il consumo d’acqua. Qui dovrebbero concentrarsi gli sforzi economici della Regione».
Giovanni Monforte