Morì travolto dal trattore durante una manovra in retromarcia: i figli non saranno risarciti poiché è stato accertato che la colpa dell’incidente è in capo alla stessa vittima. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione rigettando il ricorso e condannando i ricorrenti al pagamento di 2.700 euro con la sentenza pubblicata nei giorni scorsi, pronunciata dalla terza sezione civile presieduta da Giacomo Travaglino. A presentare il ricorso alla Suprema Corte contro il pronunciamento della Corte d’Appello di Venezia erano stati i tre figli di Elio Barzan (con l’avvocato Marco Annecchino), che l’8 ottobre 2007 perse la vita a 85 anni a Ponte Crepaldo di Eraclea. Chiamati in causa il conducente ed il proprietario del trattore con rimorchio (la cui posizione in sede penale era stata archiviata), difesi dall’avvocato Luca Pavanetto, oltre che Fata Assicurazioni. Sul fronte del risarcimento del danno, i familiari di Barzan avevano presentato un primo ricorso al tribunale civile di Venezia sostenendo che Elio Barzan si trovasse nel terreno agricolo di famiglia, di cui era usufruttuario, e fosse stato travolto in fase di retromarcia dal trattore che era utilizzato nelle operazioni di raccolta delle barbabietole. Il tribunale aveva rigettato la domanda risarcitoria, chiarendo che Barzan più volte si fosse portato dietro al trattore per raccogliere le barbabietole sfuggite alla raccolta e più volte fosse stato allontanato. All’improvviso l’anziano si era avvicinato ancora al mezzo agricolo che, nel fare retromarcia per spostarsi da un filare all’altro, lo aveva travolto. Il giudice civile in primo grado aveva osservato che la vittima «sfidando qualsiasi regola di minima prudenza, ripetutamente aveva invaso il campo d’azione dei trattori (…) avvicinandosi in particolare nei momenti in cui la marcia era più pericolosa», concludendo che «Il fatto in definitiva va verosimilmente ascritto alla condotta del defunto, tale da travalicare le misure prese dai due convenuti. In ogni caso manca prova di una loro colpa». Contro la sentenza di primo grado, i figli dell’anziano avevano proposto appello, che era stato rigettato dalla Corte d’Appello nel 2015. Quindi l’ultimo tentativo in Cassazione con un ricorso sviluppato su sette motivi. Tra questi, chiamando in causa il proprietario del trattore, i ricorrenti sostenevano la sua negligenza «avendo violato le misure che impongono che nell’uso di attrezzature di lavoro mobili vengano fatte rispettare regole di circolazione e venga garantita un’adeguata visione dell’area di lavoro». Motivo, questo, che la Corte ha giudicato inammissibile così come gli altri sollevati.
(Rubina Bon)