E’ entrato in vigore l’obbligo dei sacchetti biodegradabili per la frutta e la verdura. Sconcerto e polemiche fra i consumatori che si ritrovano a sostenere di tasca propria una ulteriore spesa che alla fine graverà sul bilancio annuale di ogni famiglia. A livello nazionale tutti gli esercenti, in particolar modo le grandi catene di distribuzione, sembrano essersi adeguati alla normativa introdotta dal ministro per l’ambiente Galletti facente parte del governo Gentiloni. Il ministro, spalleggiato dalla sua area politica di appartenenza (P.D.) si difende dalle contestazioni che provengono dalle associazioni dei consumatori affermando di aver semplicemente attuato una normativa europea. In realtà la normativa europea dice cose diverse introducendo l’obbligo di limiti ai sacchetti della spesa simili a quelli che esistono già da anni in Italia. E l’Italia, anni fa, era stata messa sotto accusa proprio per avere imposto i sacchi biodegradabili. L’obiettivo è quello di difendere l’ambiente e, in effetti, i mari dei Paesi in cui non si raccoglie e non si ricicla la plastica sono intasati di rifiuti, peccato che i sacchetti ultraleggeri oggetto della normativa siano una presenza minima nell’inquinamento generale dei mari che risultano essere sporcati, ad esempio, dalle temutissime microplastiche sviluppate dalle fibre tessili rilasciate dalle lavatrici nei lavaggi, dai cosmetici, dai bastoncini cotonati e da diversi altri rifiuti. Allora quale potrebbe essere la vera ragione di questo nuova imposizione e balzello per il cittadino? C’è chi vocifera, anche in Parlamento, che la Presidente della più importante fabbrica italiana di sacchetti biodegradabili sia di area P.D. ed abbia pure un grado di parentela con Matteo Renzi. Spostandoci da livello nazionale a quello locale cosa sta succedendo in questi giorni ad Eraclea? Anche nella nostra località i commercianti si sono adeguati alla nuova normativa, ma si distinguono fra di loro per il prezzo del sacchetto biodegradabile richiesto al consumatore al momento di pagare la spesa. C’è chi ha avuto più a cuore il proprio cliente applicando la minima spesa di 2 centesimi a sacchetto (costo simbolico) e chi, all’opposto, ha deciso di chiedere ben 10 centesimi per uno shopper. Va bene così? A deciderlo saranno i consumatori che in alcuni casi possono esprimere la loro disapprovazione cambiando esercizio.