La famiglia Babbo non accetta le scuse di Kukiqi

eraclea_vittima_di_un_pirata_stradaLa famiglia Babbo non accetta le scuse di Kukiqi. «Scuse così, accompagnate dal clamore mediatico e non poste, invece, con la dovuta riservatezza e la spontaneità che dovrebbero essere obbligatorie di fronte al fatto nella sua gravità, fanno fatica a essere accolte». Impossibile perdonare. La morte di Giuliano Babbo, l’operaio di Brian di Eraclea, è una ferita troppo profonda perché i genitori e le sorelle possano accettare le scuse di chi, quella notte di maggio, è stato protagonista dell’incidente che ha spezzato la vita al loro congiunto. Non adesso, almeno. E non con queste modalità.

Kajtaz Kukiqi, il 21enne kosovaro accusato con il cugino di omicidio stradale e omissione di soccorso, ha affidato la sua richiesta di perdono a un memoriale dal carcere diffuso tramite i suoi nuovi avvocati e depositato in Procura, oltre che inviato alla famiglia Babbo tramite il proprio legale. Una “dichiarazione tardiva”, che per i familiari, come chiarisce il loro avvocato Franco Zorzetto, va valutata sotto vari aspetti. Se da una parte, visto l’avvento dei nuovi difensori, le scuse possono rappresentare per i familiari “una strategia processuale legittima a cui gli stessi nulla intendono obiettare”, dall’altra resta l’impossibilità di accoglierle. Soprattutto se formulate in questo modo. «I familiari avrebbero gradito, semmai, ricevere, ma sempre senza nessun clamore, le scuse di Kukiqi molto tempo fa», spiega l’avvocato Zorzetto, «e scritte di suo pugno, in modo che fosse subito comprensibile se in quelle parole, oggi espresse tramite i nuovi difensori, vi potesse essere un reale pentimento». «Del contenuto del memoriale, i familiari», prosegue l’avvocato Zorzetto, «concordano sul fatto che il suo comportamento non ha solo spezzato una vita, ma ha distrutto anche quelle dei genitori e delle sorelle. In ogni caso, indipendentemente dalle modalità con cui il perdono è stato chiesto, Kukiqi sembra aver compreso che tale fatto grave ha segnato per sempre anche la sua esistenza, e a soli ventuno anni».

«Ci saranno altre occasioni», conclude il legale della famiglia Babbo, «in cui l’imputato potrà richiedere il suo perdono ai genitori e alle sorelle, ma sempre in via riservata, senza nessun clamore e solo se le parole gli giungeranno dal cuore. Saranno poi i familiari, semmai, nel caso lo ritenessero opportuno, a dare notizia ai media di questo fatto, anche per una sensibilità ancor più dovuta in una circostanza come questa. Forse in questo modo, con il tempo, potrà ricevere dai familiari del povero Giuliano il perdono richiesto».

Scritto da Giovanni Monforte per il quotidiano La Nuova Venezia

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