L’ex ministro Lamorgese chiamata a testimoniare nell’aula bunker di Mestre. «Non ho memoria di segnalazioni relative alla presenza di organizzazioni camorristiche ad Eraclea – ha detto Lamorgese – Non ricordo: sono trascorsi più di 10 anni da quando ho ricoperto il ruolo di prefetto di Venezia. Non ricordo se il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica ne abbia mai discusso: per dettagli può fare istanza di accesso agli atti della Prefettura».
L’ex ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese ha proseguito per quasi un’ora a rispondere su questa falsariga alle domande formulate dai difensori del presunto boss di Eraclea, Luciano Donadio, che hanno chiamato a testimoniare al processo sulle infiltrazioni dei casalesi nel Veneto orientale tutti i prefetti alternatisi dal 2000 in poi, con l’obiettivo di farsi dire che nessuno di loro ha mai avuto segnalazioni su camorra ad Eraclea. «In pendenza di un’inchiesta della Magistratura, coperta da segreto, non vi era però alcun obbligo di comunicazione al prefetto, che si occupa di prevenzione e non di repressione», ha precisato Lamorgese.
Nessuna domanda è stata rivolta all’ex ministra dell’Interno sul perché decise di non sciogliere per mafia il Comune di Eraclea, in contrasto con la relazione dell’allora prefetto che aveva invece sollecitato un provvedimento di questo tipo. All’uscita dall’aula Lamorgese non ha risposto alle domande dei giornalisti sulla questione del mancato commissariamento, invitandoli a consultare gli atti della Prefettura (che però sono stati secretati). L’ex ministra si è limitata a spiegare che la sua decisione fu in linea con i requisiti indicati dal Consiglio di Stato in tema di commissariamento di enti pubblici.
Donadio è imputato per associazione a delinquere di stampo mafioso al processo sulle infiltrazioni della camorra nel Veneto Orientale. Processo che dovrebbe concludersi con la sentenza di primo grando entro l’estate. Secondo l’accusa, Donadio avrebbe agito per vent’anni tra Eraclea e Veneto orientale, mantenendo contatti con le famiglie dei Casalesi.
Scritto da Gianluca Amadori per il quotidiano Il Gazzettino