Una impresa individuale con sede in via Virgilio a Eraclea, fondata e chiusa nel giro di nemmeno un anno. Giusto il tempo, questa è l’ipotesi accusatoria, per portare a termine la maxi truffa del “bonus facciate” scoperta dalla Guardia di finanza di Treviso, guidata dal colonnello Francesco De Giacomo. Stiamo parlando di Luigi Criscuolo, uno dei venti indagati, napoletano residente sempre a Eraclea, il cui nome è spuntato anche nell’inchiesta sul “clan dei casalesi” che vede imputato in qualità di capo Luciano Donadio, con il procedimento di primo grado ormai alle battute finali.
Ma torniamo a Criscuolo. La ditta “Luigi Criscuolo” l’ha aperta con il codice ateco “locazione immobiliare di beni propri o in leasing (affitto)” con ogni probabilità per ottenere fin da subito da Poste italiane l’apertura del conto corrente su cui far transitare il denaro. Se infatti avesse indicato come attività “lavori edili” avrebbe dovuto attendere, come da normativa, 90 giorni per essere operativo. Ora è destinatario di un provvedimento di sequestro che ammonta qualcosa come 3,3 milioni di euro: una fortuna in crediti fiscali accumulata proprio grazie agli incentivi statali dedicato alla ristrutturazione delle case.
Nel maggio del 2021 Criscuolo è stato chiamato a deporre in aula bunker in una delle udienze del processo ai casalesi, ma la sua deposizione è stata costellata da numerosi “non ricordo”. In particolare l’interesse del pm Roberto Terzo era incentrato su un episodio risalente al 2009 quando Criscuolo finì in cella per i 250 grammi di coca che stava trasportando da Napoli a Eraclea per i sodali di Donadio. A commissionargli quel viaggio sarebbe stato Antonio Pacifico, accusato di essere uno degli uomini di punta dei “casalesi di Eraclea” insieme a Raffaele Buonanno, entrambi agli ordini di Donadio. Certo è che la presenza di un soggetto contiguo alla criminalità organizzata non è fatto da trascurare.
Scritto da Giuseppe Babbo per il quotidiano Il Gazzettino